Hatred – Recensione

Fin dal suo annuncio, Hatred, dei polacchi Destructive Creations, è stato al centro di numerose polemiche per quanto concerne la sua estrema e ingiustificata violenza, tant’è ad esempio che la piattaforma GOG si è addirittura rifiutata di metterlo in vendita, e inizialmente persino Steam ai tempi l’aveva levato dal programma Greenlight, per poi essere graziato da Gabe Newell in persona ed essere poi riammesso per essere votato dal pubblico.
Nonostante tutto, basta che un gioco sia violento per essere un buon gioco?

Io sono un Estinzionista!!!

Hatred fondamentalmente tenta di raccontare una storiella, ovvero di un tizio il cui nome non viene citato, ed è fondamentalmente lo stereotipo del cattivo, di colore, capelli stile rasta e giaccone nero, il quale un bel giorno si alza dal letto con la luna storta e decide di uscire di casa e sterminare quanta più gente possibile, magari facendo saltare in aria una centrale nucleare come fosse la peggior bomba atomica mai costruita. L’unica campagna presente consta di sette livelli, si parte quindi dal quartiere del nostro protagonista buontempone, per finire poi a girovagare nelle fogne, ritrovarsi a bordo di un treno, in un centro città, e così via. Ogni missione è composta da obiettivi primari obbligatori e secondari facoltativi. Ed ecco che cominciano gli scricchiolii nel gameplay, perché a conti fatti in tutti i livelli, ad eccezione per l’ultimo, l’obiettivo principale consiste nell’uccidere, usando un discreto arsenale di 8 armi (è possibile portarne al massimo tre in ogni momento) e 3 granate (a frammentazione, molotov e flashbang, queste ultime completamente inutili), un determinato numero di civili e successivamente di forze dell’ordine, e poi cercare di raggiungere una certa zona della mappa per passare al livello successivo. Il problema è che essere costretti a massacrare civili indifesi è, chi l’avrebbe mai detto, noioso, e pure poco appagante, perché il rischio di ritrovarsi con la mappa deserta e doverla girovagare per cercare dove quei parassiti si stanno nascondendo è alto. Certo, è possibile rubare veicoli, ma da come si guidano sembra di guidare una scatola di cartone con le ruote, ovvero qualcosa di ingovernabile e poco pratico. Almeno è presente una comoda mappa che funge anche da radar, indicando tramite icone dove sono i civili e anche gli “scudi umani”, ovvero le forze dell’ordine. Queste ultime sono di tre tipologie, polizia, swat e militari, ognuno dotato di punti vita via via sempre più alti e di armi sempre più potenti. Spesso alle forze armate si aggiungono anche civili che trovando un’arma per terra la raccolgono e osano opporsi al nostro protagonista sparandogli addosso, un tocco di classe certamente ben apprezzato.

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Le missioni secondarie non sono da meno, si tratta generalmente, a parte rari casi, di raggiungere un luogo segnato sulla mappa, di solito un edificio, e di uccidere tutti gli occupanti. Perlomeno, le missioni secondarie non sono fini a sé stesse, perché portarle a termine equivale a ricevere in omaggio una vita extra, praticamente fondamentale per proseguire, perché in Hatred si muore e pure spesso, anche alla difficoltà più facile, e finire le vite equivale a doversi rifare l’intera missione da capo, o da un checkpoint intermedio, ma sono giusto un paio le missioni che ce le hanno, e considerato che le missioni sono pure lunghine, si attestano più o meno tutte sulla mezz’ora o anche più, il rischio frustrazione è dietro l’angolo.
Paradossalmente, una volta raggiunta la quota di civili massacrati e passare poi a dover uccidere agenti di polizia o militari, i civili non si possono uccidere, ma non perché diventino invulnerabili o spariscano dalla mappa, ma perché non vorrete ucciderli per una discutibile scelta di game design, ovvero le esecuzioni: quando un bersaglio umano dopo una raffica di mitra o un calcio ben piazzato si accascia al suolo sanguinante, è possibile avvicinarsi a esso e premere un tasto per eseguire una esecuzione, e un macabro primo piano viene mostrato col nostro protagonista che uccide a bruciapelo l’incauta vittima seguita da una battuta più o meno volgare, e come ricompensa di ciò si ottiene della preziosa salute, impossibile da ripristinare in altri modi, e a conti fatti uccidere civili quando non è richiesto equivale letteralmente a bruciarsi dei medikit viventi, e come già detto il gioco è difficile, bastano un paio di raffiche di colpi di arma da fuoco e si finisce al creatore (chissà che cosa gli direbbe!), e quindi fa sempre comodo avere un civile vivo e vegeto negli immediati paraggi per ripristinare la propria salute nei momenti più disperati.

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Il mondo è grigio, il mondo è nero

Hatred è uno sparatutto in terza persona con visuale isometrica posta in alto rispetto al piano di gioco, con la peculiarità di essere quasi completamente in bianco e nero, quasi, perché ci sono vari oggetti, insegne, sangue e bombole del gas che sono colorati, nonché il colore del fuoco, che dal punto di vista visivo non è per niente fatto male. Stilisticamente quindi il gioco convince. Purtroppo, la telecamera posta in questa maniera porta con sé alcuni discutibili difetti, tra cui la limitata visuale di gioco rispetto a quella dell’intelligenza artificiale (migliorabile, ma è inutile discutere di queste frivolezze quando manca il resto), perché spesso e volentieri ci si ritroverà a dover schivare i colpi di vari soldati posti ben lontani dalla visuale, impossibili quindi da inquadrare per poter rispondere al fuoco, ed in questo modo sembra che il gioco stia barando per risultare ancora più difficile.
L’unica cosa degna di nota sono i danni ambientali: esplosivi, granate e razzi sono in grado di creare brecce nei muri in maniera alquanto convincente, ed è una pratica che si userà spesso per stanare i vostri avversari, ma anche viceversa. Anche la fisica è stata implementata bene, con mattoni, macerie e pezzi di intonaco che interagiranno con i danni esplosivi in maniera coerente per sparpagliarsi negli immediati paraggi.
Tuttavia, ci sono ancora dei bug abbastanza fastidiosi, alcuni che costringono a ripetere il livello da zero, uno di questi ad esempio tende a respawnare il personaggio dopo che è morto all’interno di una traversa di una porta indistruttibile, con il risultato che è impossibile muoversi da lì.
Perlomeno il gioco fila a 60fps senza troppi problemi, dubitavate?

Conclusioni

C’è poco da dire su Hatred, se non che sia un prodotto che fa parlare di sé solo per l’ingiustificato massacro di civili indifesi, massacro che ancora prima che finisca la seppur breve campagna (con rigiocabilità pressoché nulla) diventa già noioso e ripetitivo. Non è questione di essere o meno moralisti, il problema è che non ha il carisma di uno dei primi GTA, non ha l’umorismo becero di Postal, il gioco urla tutto il tempo Vorrei ma non posso, perché a conti fatti è più divertente massacrare civili e forze armate nei titoli sopracitati in via del tutto opzionale che non in maniera obbligatoria in questo titolo, rendendo quasi ingiustificato l’esborso richiesto.

 

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